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lunedì 11 febbraio 2008

Klinamen

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@polilithio
gldj twitter

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Grammatica contestuale
Donatello Donato Djako


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donapaideia
Encicliopedia e dizionario
di
Donatello

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Enciclopedia e
Dizionario di
Donatello
gldj
i tecum comes
vetus frater
GldJ
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Mespilus Kepos
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Klinamen
lapis

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E il savio Telemaco rispondendo diceva ...
"O padre, gran fama di te sempre udivo ..."


Omero, Odissea XVI 240\1


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Klinamen
lapis

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Vi lascio qualcosa da leggere ...
§
... che vi faccia forse compagnia
lungo la vostra via
quando non più pianeti
oscuri sarete
o scintillanti
komete
ma Soli sfolgoranti ...

... a Voi lascio questi quattro
fogli di karta da scrivere
e tante penne
cadute da queste nuvole ...

... Vi lascio sedie e tavoli
e settemila libri
come legioni romane
o falangi tebane
e opliti sanniti
burberi fanti di guerre sconditi
come fulgidi bronzi di Riace
che non risse daranno ... ma Pace ...
e ne saranno i custodi o gli sposi
gelosi ...


§

... quando non ci sarò
a respirare questa luce di finestre
alte
non dimenticate di dare
molte molliche
fitte come mille
formiche
Mirmidoni
amiche di Achille
ai pennuti compagni dei canti
e delle parole ...

Vi lascio
sotto i rami della clementina
foglie di nespolo
con petali di viole
e questi
allegri raggi di Sole ...

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L’inter\vista
Linter visus

L’ultima lezione



Ci voleva sempre del tempo per spegnerlo.
Donatello, il grande computer della biblioteca.
Quel giorno l’operazione andava fatta prima.
C’era un appuntamento importante, per Alessandro.

Un gruppo di alunni lo aveva invitato in classe in occasione dell’assemblea per parlare appunto delle attività della biblioteca.

Intervista al Bibliotecario era scritto nel foglio con tanto di timbro e di firma del dirigente.

Un tempo gli studenti non avevano queste opportunità.
C’era voluto del bello e del buono per tante conquiste.

Ora i Giovani avrebbero potuto esaminare ogni genere di argomento, analizzare ogni problema, e sicuramente lo facevano.

La sera prima Alessandro aveva la febbre alta, la gola arrossata, e giù aspirine e tachipirina.

Non poteva mancare all’appuntamento.
Sarebbe stato come mancare al un incontro … di tennis …
La notte aveva dormito pesantemente, sfebbrandosi.
Erano anni che non incontrava una classe di Alunni , impegnato nella biblioteca li incontrava in genere a piccoli gruppi, tranne nel giorno delle elezioni, quando si presentavano in massa …
Cosa avrebbe detto?
Avrebbe parlato di papiri, di tavolette di terracotta, di libri, di Tutto e di nulla …


Aveva fatto per anni l’insegnante senza mai mancare all’appuntamento.

Ed ora, ecco la classica influenza.

Eppure, la febbre c’era.

Al mattino era roco, stanco.

Avrebbe fatto meglio forse a rimandare la consueta uscira di trenta chilometri , il giorno prima, con la fedele bicicletta, ma doveva inaugurare la tessera nuova di iscrizione allo squadrone della Città, la Tommasini ….

E adesso, stava per avvicinarsi l’ora di quella che sarebbe stata in ogni caso la sua ultima rimpatriata con la ciurma di schiamazzanti studenti.

Si fermò vicino alla macchina del caffè …
C’erano due Amici della Segreteria …
“ allora … quella maglia da baseball …’’
Disse ad uno dei due, Andrea.
“ Ho avuto parecchi problemi … ma te la porto …”
Una maglia da baseball … come Kevin Kostner … avrebbe finalmente giuocato quella partitella …

Nello stadio sul campo di mais …
Era solo un sogno …
Salì le scale e trovò la classe.

Gli studenti erano seduti e si alzarono, salutandolo.
Era cone tanti anni prima, e per un momento lo prese la nostalgia.
Dove erano i suoi Alunni d’un tempo?
In giro per il mondo.

“Buongiorno …”
“Salve, Ragazzi … eccomi qui …”
Era tutto quello che aveva chiesto.

Un incontro richiesto dagli studenti che fosse come un’ultima lezione, senza essere una lezione …
E del resto … cosa avrebbe potuto mai insegnare, ora che l’insegnamento non esisteva quasi più …

Parlò brevemente di documentazione e di libri.
Rispose anche a domande personali.
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“Lei ha Figli?”
“… i miei Alunni lo erano, i figli degli altri …”
“ … da quanto tempo fa il bibliotecario …?”
“ … da sempre … ho le mie abilitazioni e sono insegnante, posso pensare agli Alunni in modi diversi … dopotutto la Bilioteca è la Madre della Scuola e della Documentezione, anche dell’informatica e dei computers, del Web, e per questo chi la frequenta rispetta la mamma, è al centro della Scuola … con tutti i pro e i contro … “


Ma a parte qualche breve battuta di questo tipo, troppo individualizzata, si poteva dire che l’incontro era riuscito.

"Chi l'ha mandata in Biblioteca?"
"Fu uno zio materno, un Medico cugino di Mamma a lasciarmi la Sua Biblioteca.
Per me fu un incarico non facile.
Aneno tredici anni.
C'erano quadri ... autografi di Benedetto Croce e Gabriele d'Annunzio, che ho ancora,
qualche codice ... livro del Seicento ... ma anche dopo trasferimenti e avventire, ho ancora diversi testi di zio Dottore, Antonino Vassolo ..."
" ... ma era un professore di Italiano ...?"
"... di lettere, in quasi tutte le scuole della Maremma ... da Manciano a Massa Marittima ... dove insegnavo nel Ginnasio Liceo
... "
@
... "Le piace lavorare in biblioteca ...?"
"mi è sempre piaciuto avere libri intorno, un tavolo qualunque, carta e penna, magari un elaboratore ... scrivere è una cosa magica ... è come se tutti queelli che hai conosciuto fossero l' ... ti raccontassero le loro cose, le speranze, i dolori ... anche gli Alunni, migliai, che ho avuto, per mia fortuna, si fanno ricordare e raccontano ... e bisogna scegliere e dare loro voce ... e quando poi s'incontra. ma è raro, qualcuno che sappia leggere ... è come trovare acqua fresca, un'oasi nel deserto ... e allora si prova come un appagamento interiore ... "

@
Genn, Gennaro o Gennarino, Louis Onussen, Big Sorter, Ruphus Samnìs si preparò a uscire.

Ringraziò per l’onore che gli era stato concesso e osservò che non era utile, per la loro preparazione, confondere le carte dei libri e dei compiti con quelle … da gioco, utili solo a perdere tempo e forse capaci unicamente di rafforzare la ‘rete sociale’, tanto osannata.


La capacità di ‘socializzare.

Tutta la società aveva instaurato metodologie profondamente antididattiche, a pensarci, ed il ludus, l ‘giuco’ capace di suscitare apprendimento attivo era stato sostituito dalle attività di ‘insegnamento’ subite dai discenti.

@

Quei ragazzi gli avevano restituito in dieci minuti quello che dieci anni prima lui stesso aveva offerto, come un personale sacrificio: il piacere di essere riscoperto e ascoltato, si sentire e di andarsene senza essere obbligato a ritornare mai più.


Non lui sarebbe partito ora per mare con una doppia nave, alla ricerca di una terra amata e perduta, o per scoprire nuove dimensioni geografico fisico antro … insomma … restare è un po’ ritornare e rinascere, senza dover partire …

Gli avrebbero mandato qualche cartolina …

Solo all’ultimo gli venne in mente che quello … era solo un giorno che non esiste, il ventinove di febbraio, un mese che può essere il meglio o il peggio di tutti … in quel caso, era il meglio dei peggio …

@

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Migliaia di libri, milioni di frasi e parole, di lettere d’ogni tipo, dormivano dentro i libri nella grande biblioteca fra i prati d’erba accanto alla grande chiesa di mattoni rossastri con l’alto campanile che di notte accendeva una lampada rossa sulla cima, utile per segnalare la presenza della sua mole non indifferente.

Un tempo nato per comunicare con Dio, il campanile era adesso adibito anche, e forse soprattutto, alla comunicazione umana, in quanto era stato corredato di vari tipi di antenne, divenendo muto testimone di conversazioni utili, ma anche di alterchi, di invettive e probabilmente di conversazioni d’ogni genere.

Per qualcuno la bestemmia stessa è uno modo, forse il più confidenziale o il più disperato, di parlare a Dio.
In fondo cosa sono le parole?

Suoni.

Segni.

E che differenza può fare alle orecchie, per così impropriamente dire, del Padre Eterno aggiungere un epiteto qualunque accanto al Nome d’un Suo Parente o al Suo stesso, visto che l’uomo ha eletto questi due nobili Animali a proprio amico per antonomasia e a proprio alimento preferito?


Non è l’uomo la stessa cosa dei suoi Amici, e non è forse ciò che mangia?


Il buon Dio ama i Suoi figli, anche quelli che diventano carne dell’uomo, e che si sacrificano così eroicamente, sia pure con qualche comprensibile lamento, ove sia loro dato il tempo per farlo.

L’uomo ha sempre fretta, specialmente quando deve trarre alimento per la sua nobile figura coperta di stoffe, anzi di stracci, visto che nessuno ormai porta vestiti addosso che non siano ad arte strappati, tagliati, sfondati cos’ da far sembrare tutti degli autentici pezzenti.


Una miseria simulata, tanto più reale quanto meno vistosa.

La biblioteca era situata in un ampio fabbricato adibito ad uso didattico.

Una specie di fabbrica di competenti in varie cose, un po’ di conto un po’ di computer, qualcosa anche di lettere.


Giovani cittadini che venivano istruiti, ma della cui istruzione nessuno si fidava, visto che continuamente erano sottoposti ad esami, interrogazioni, compiti persino ‘simulati’, come in trincea.
Usciti dalla fabbrica, le università li sottoponevano a centinaia di test appositamente preparati, giustamente senza accettare passivamente i giudizi di provenienza.

Del resto, fu proprio un analfabeta autentico, digiuno di quiz di temi di relazioni e di test … s ad intuire ed inventare scuola e università, forse immaginandole già allora poco collegate, quasi scollate, piene di disprezzo reciproco e naturalmente di naturale diffidenza.

Questo analfabeta, geniale stratega e politico, del resto dimostrò che per fare l’università non eraro necessari test macchinosi e spesso puerili, ma forse al giorno nostro, con le diverse e complesse esigenze derivanti dal ‘progresso’ tecnologico, è proprio indispensabile costruire ragionieri e classicisti per poi ‘ricontrollarli’ nella preparazione rivalutandone attitudini e competenze.

E’ l’università a produrre docenti, così definiti con eccessivo ottimismo, ma proprio questi dimostrano in definitiva quanto sia impossibile insegnare, docere, trasfondere la sapienza da una zucca all’altra con parole, sorrisi, gesti e allusioni.

Con una lavagna e un gessetto, qualche foglio e un vocabolario, quando si ha la foeza di portarlo, si affronta la comprensione del cosmo e del caos,

E si finisce nei test … s.


Del resto, l’età dei test è notevole.
Nasce con la proposta d’un quesito dalla duplice natura d’una domanda per sapere o per sapere se si sa.

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In questo caso, l’atteggiamento di chi la fa è non quello d’un semplice ignorante inconsapevole in cerca di informazione, ma di un indagatore utorizzato da qualcuno a da qualcosa che già conosce la sostanza della risposta, ma che la pone per contrallarne la giusta dimenzione, lo stile e la convenienza.


Quale fu la prima domanda dell’umanità e quale la prima all’umanità?

Nei testi biblici ne troveremmo facilmente, così pure nella tradizione legata al mito.

La Sfinge è forse l’esempio classico ed anche tragico dell’indagatore.

Ma nessun professore universitario accetterebbe di precipitarsi nel baratro in caso di risposta esatta d’un alunno qualsiasi, anche di nome Edipo.

Un insegnante così eroico, tragico, capace di sacrificarsi al prorpio Alunno adesso è introvabile nelle nostre scuole, figuriamoci in un ambiente agguerrito come l’universitas.

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Lasciando il mito, ricco di esempi perché nato proprio per fornirne a chi ne fosse a corto o per complicare la vita a chi ne avesse a bizzeffe, credo che il primo paradigma di domanda rivolta all’uomo sia stato del tipo … nghèèè … nghèèè … ripetuto spesso, fino ad ottenere risposta che non fosse del tipo ver\falso oppure … ‘bravo … settepiù …’.


La prima domanda era non solo dialogica, non solo linguistica, ma fortemente caratterizzata da una richiesta di aiuto materiale, di sostentamento.

La risposta non poteva che essere la somministrazione d’una congrua razione di latte.

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La prima domanda, originale per un docente odierno, è rivolta dall’Alunno al docente, ed è una richiesta materiale e pratica, di sostentamento e di mezzi.

Dopo si instaura quel rapporto gerarchico e rigido che trasforma il vero docente, ossia di colui che guida verso la conoscenza di ciò che serve veramente, in un Alunno e l’alunno in un docente serioso, con tanto di cattedra, lavagna e pedana, per esseri un po’ oiù in alto e controllare meglio tutta la situazione.

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E’ il neonato che indica, informa, ‘docet’, è lui in fondo il docente.

Senza parole, si spiega e quasi ordina perentoriamente, ma senza violenza.

Il padre, o la madre, e seguono, e una volta comprese sono in grado di precedere.

E’ il neonato a porre domande, test e quiz, vitali ed essenziali, sostanziali e categorici.

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La porta Perta,
L’aperta porta.
Apri la porta e porta
la torta con la storta
o tipa smorta ...


Poco più tardi inizierà il gioco dei fonemi, l’apprendimento di quel reticolato di rigidi suoni che, combinati fra loro con regole e controregole, anomalie, analogie ed eccezioni con eccezioni alle eccezioni, costituiranno i linguaggi, belli e brutti, vivi e, vivaddio, morti, secondo una dozzinale distinzione cara a tutti, o ai come\tutti. ..

Nelle lingue, parlate e scritte, come nelle piazze e nei parchi vi sono i monumenti, i busti, gli appiedati e i personaggi a cavallo.

Questi monumenti ìncliti, alcuni di bronzo, altri logori, alcuni dorati e scintillanti, sono gli scrittori.
Ma non tutti...

Non gli scriventi.

No.

Quelli di successo, gli editàti, quelli che fanno abbattere migliaia di poveri alberi – abeti, betulle? – ogni volta che cliccano su word qualche loro anche la più scialba idea.

E pensare che nessuno dei veri ed autentici scrittori ha mai avuto questa ridicola persino facilità di abbattimento boschi.

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Ah …

Dimenticavo.


I libri, quelli che giacciono negletti sulle sedie delle case, sui comodini, negli scaffali, quelli che fanno da zeppe alle porte e agli armadi, quelli che in definitiva nessuno ormai legge e tutti si pentono d’aver comprato, si fanno anche con gli stracci.

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Ora, tutti sappiamo che la materia è una e tutto è in definitiva la stessa cosa, ma sapere che un tale libro che stiamo leggendo è passato per la capitale degli stracci è non è altro che ìstracci' di gente che mai avremmo pensato mai di frequentare, questo poi è veramente esilarante.

Già, dal papiro, arte e genio, fatto di vegetali sceltissimi al libretto ecologico, fatto di stracci, leggiamo sulla stessa sostanza, e i gabbiani lo sanno, lo hanno letto nel vento ....

I poveri stracci, così disprezzati, vanno rivalutati.

Come tutto quello che noi gettiamo, e che spesso è ancora in grado di essere utile.

Tutti siamo stati uno straccio, almeno una volta, e con questo ... ?


Adesso siamo splendidi libri, più o meno papiracei o ecologici ... magari solo ... logici ...

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Del resto, mi sembra appropriato.

Diciamo che dalla lirica alessandrina intimista siamo passati all’intimo fatto cartaccia.

E così, fra zucchine e cavoli, CD e cassette, frutta e buon pane, caciocavalli e bufale, nei super e ipermercati conpriamo anche i boxer da leggere, altro che il libro gonfiabile, da scrittori pallini gonfiati.

Contaminiamo la natura avvelenando la genuitità della verdura.

Ma la natura deve aver previsto un antidoto per il figlio che la sta avvelenando, e quando meno lui ci penserà scatterà l’operazione boccia il bocciatore e ripulisci il sito.

Insomma, viene in mente una favola, che si rarrava in ambiente editoriale, ma anche in vecchie librerie polverose di periferie, dove un vecchio libraio poteva rifilarti anche un libro stregato.

Un orbil, che si legge alla rovescia e si può fare a meno di finire, perché si sa già come va a finire, appunto.

La storia diceva che esisteva un tempo una famiglia benestante.

Così da esserlo ovunque si trovasse.

Questa famiglia intraprese la consuetudine di scrivere a turno, la sera, su un ampio brogliaccio, quel che paresse a ciascuno dei componenti.

Alla fine si dovette dare un taglio al volumone, e così fu spaccato con un fendente da un lato all’altro.

Si notò allora che una parte del libro era gialla, scadente, porosa mentre l’altra era bianca come ostia di Natale.

La parte bianca era di pura e fine cellulosa, fatta con gli alberi più teneri, pioppi, betulle, acacie, e l’altra invece si scoprì costituita da stracci reimpastati e trasformati in una carta molle e grezza.

Ecco, dissero gli appartenenti alla famiglia del brogliaccio bipolare, il libro fine e bianco è il libro di Qualità, mentre l’altro è invece da ritenersi confezionato con materia sempre valida e dignitosa, ma con il sospetto che possa essere costituita da indumenti troppo vicini a certe parti molto personali appartenenti anche a persone profondamente antipatiche.

Con la parte dichiarata così più scadente del librone fu fatto un libridinoso agglomerato che, trasformato in satura intimista, venne venduto con forti sconti in certi ipermercati, accanto al pane integralee ai sedani, alla verdura e alla frutta, ma senza fretta, perchè il buon libro, di qualità o di stracci, vuole tempo, pazienza, poca fretta e pretende una dedizione radicale, se deriva da poveri alberi che si sono sacrificati per lui, oppure una aderenza da boxer, se deriva da carta di stracci definita ecologica veramente un pò a sproposito.

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In questo modo dal linguaggio ìsono, duttile e strepitoso dei neonati si passava a quello rigido, complesso e semantico degli adulti.

E qui nascevano le specialzzazioni in diverse funzioni del linguaggio, in registri, si separavano i fattori e più in generale si distinguevano più o meno chiaramente le famiglie linguistiche.

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Ora, non che io voglia che siano affidati agli stilisti i libri, o i loro eredi, CD megabitici e pennine gigabitike, altrimenti avremmo vestitu stracciati e logori come un tempo si portavano per necessità, e non per sfregio alla povertà o per possibile difesa dagli scippatori.

Tutti, da giovani, abbiamo avuto jeans sfilacciati e strappati, ma per mancanza di nuovi.
Adesso, se compri un paio di vestiti nuovi, se non sono strappati e bucati sei un morto di fame smodato, fuori moda.

Ma ormai dal fango dell’argilla mesopotamica siamo alla mota dell’esibizionismo sfrenato.
Esibizionismo del disprezzo della fame e della miseria, l’ultimo gradino della scalinata della torre di Babele.

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La Mesopotamia.

In nessuna parte del mondo il cielo è blu cobalto come lì.
Lì hanno trovato le fonti d’ogni scienza.



Astronomia, geometria, quella che chiamiamo matematica e che prima voleva dire ogni sapere, l’economia, la legge della Casa, e po, nei grandi magazzini di Ninive o d’una altra città turrita, con giardini pensili e canali d’acqua intorno, si sono ingegnati, quei mercanti, quei bottegai, ed escogitare un sistema per proderre lunghi elenchi di mercanzie, inventari.

Probabilmente, pochi lo ricordano perché è meglio forse separare la poesia dalla bottega, tutto quello che ora è letteratura, narrativa, storiografia, poesia e così dicendo, nasce dall’inventario delle merci d’un bottegaio.

E poi ci si va a confondere con discorsi su libri di qualità e sulla mercificazione dell’arte.

Quando nella mesopotamia scrivevano, lo facevano su tavolette di fango.

L’uomo, la donna e il libro, almeno come sono i loro nipotini attuali, sono nati oggettivamente dal fango.

Eppure gli homines igienicamente disinfettati, riescono a chiedersi cosa voglia significare ‘libro spazzatura’.

Avete mai visto, e qualcuno lo fabbricherà, un libro con aspirapolvere?

Con su scritto ‘sicut ubra et pulvis vita hominis super terram …?

Ebbene, quello è un libro per spazzare, tanto per dire, no?

No.

Non è così semplice.

Eppure, quando il libri divennero di papiro, si quadagnò tanto di quello spazio da riuscire ad ospitare un numero enormemente più grande di opere in uno spazio davvero molto più piccolo.

Ma il presso pagato fu altissimo, per questo vantaggio.
L’immensa biblioteca di Alessandria, l’esempio probabilmente unico e irripetibile di tempio della cultura e della memoria, di museo e di laboratorio ove i bibliotecari erano lettori, autori e modellatori di collocazione e tipi di papiro, andò distrutta da un incendio catastrofico causato dalle eterne risse economico religiose fra europa e asia.


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L’argilla non sarebbe bruciata.

Ma le sue tavolette, oggettivamente, occupano troppo spazio.

Così la civiltà del papiro, insieme alla maggior parte della letteratura greca, possiamo dire proprio che andò a rotoli.

La perdita fu immensa, ma si possono consolare tutti i nemici del bel tempo passato, tutti i nemici della classicità, della cultura greca e dei faticosi studi letterari.
Una parte vastissima dei testi in lingua greca andò bruciata, e questo fu il guadagno dei devastatori di quell’immenso deposito di sapere.

La qualità dell’argilla?

La qualità del papiro.

La qualità dell’argilla può essere squisita.

Quasi tutto quello che sappiamo sulla civiltà sulla terra lo docciamo alla ceramica, all’ostrakon, a quella pasta finissima e sapientemente dipinta e intarsiata che rappresenta l’arte ceramica presso tutti i popoli.

Il periodo geometri greco ne è un esempio altissimo.

Plasmare la creta aiuta ad esprimersi, solleva l’animo, insegna a ciascuno di noi che può imparare ogni momento dagli altri e dalle proprie azioni intelligenti.

Ma la creta può anche essere pessima, può essere fango, metafora di intelligenza perversa, di falsità e di calunnia.

Possiamo noi scrivere un verso sublime sul fango?
Si.

Il fango sarà sublimato, pur rimanendo fango.

Possiamo scrivere fesserie sul più fine papiro?

Certo.

Sarà come servire sale sopra fine porcellana.

La qualità materiale non corrompe il portato, e la stupidaggine scritta sulla migliore carta, resta corbelleria.

La qualità è data da qualcosa di sublime sulla materia adatta.

E del resto si sa che la letteratura è nata nelle botteghe mesopotamiche, come lunghissime liste di mercanzie.

La mercificazione dell’Arte?
L’arte è nata al servizio della bottega, non sempre dell’economia, che vuol dire ‘legge della Casa’.

Avete fatto caso come nelle Scuole nostre, nei Licei, nei Commerciali, nei Professionali vengano ignoreti i significati primigeni delle parole, e come vengano invece adottai quei tracciati semantici che sono per ultimi suggeriti e imposti da scrittori ‘alla moda’, siti web, televisione?

In genere i giovani non sanno che fax è una parola latina, che significa: scopiazza.

Fac simile!

Economia per loro non vuol dire ‘legge della Casa’, ma contabilità o tircieria.

Web e computer, non sanno cos vogliano dire.

Lanciano, accendono, cliccano, passano notti e pomeriggi a computer magari per giocare al solitario, con le macchine, con i mostri, ma non conoscono che l’ultimo significato delle cose che fanno.

Passami una cartuccia …

Fra cacciatori, potrebbe essere una frase fatale.
E’ stata avvistata una povera volpe, una lepre.

Invece è finito l’inchiostro.

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Occorrerebbe dedicare un po’ di tempo alla semantica, ma la cosa probabilmente non piace a chi concepisce il linguaggio più come ‘bella menzogna’ che come attività cauta e precisa.

Del resto, del bel tacer, non fu mai scritto …

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Ma in un paese dove per selezionare i significati delle parole si fa ricorso all’operato quasi invisibile d’una hdèmia che prende il nome quasi dalla pùla, c’è poco da aspettarsi di interessante.

Ma ad ogni modo il sistema linguaggio va avanti così da tanto.

Ad esso, strumento di ‘comunicazione’ , è affidata ogni attività umana, eppure solo da poco esistono deigli speciali codici grammaticali e lessicali, che in genere chiamiamo grammatiche, sintassi e vocabolari.

Ogni sistema linguistico, fissato in una determinata epoca sincronicamente, la le sue grammasintassi e lessici.

Ne deriva un sistema di una complessità persino grottesca, se pensate poi a quanti dialetti, spesso disprezzati, e a quanti gerghi convivano con le aristocatiche lingue parlate e letterarie.

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Opera naturale è ch’uom favella
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi, secondo che l’abbella …

Paradiso, XXVI, 130\132


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Thèja manìa ...chiamava Platone la spinta creativa dell'Artista, di ogni parlante, direi, di ogni utente ed agente o 'attore', fattore ... direbbe un dantista, e ... psykhès jatrèja ... medicamento, laboratorio terapeutico, consolazione dell'anima chiamavano una volta la ... Bilioteca, che in italiano ha un nome sussiegoso ed è frequentata dai saggi, dai veri ... Medici dell'Anima, come ben sapeva anche Seneca ... 'Mater, ad poèmata et Auctores redi ... ad artes liberales ... litterae ... sanabunt vulnus tuus ... Mamma ... lèggi i racconti dei Poeti ... torna alla letteratura ... questa ti guarirà ogni ferita...' ...

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L’arbitrarietà quindi del segno linguistico, ossia la sua aleatorietà, affidata ad un tacito e labile patto fra parlanti, è la sua legge più forte.

Ne consente la creatività e ne differenzia gli elementi permettendone la conservazione nel sistema che si basa sulla differenziazione che ne rafforza la memoria.

L’unica vera legge per chi parla è l’improvvisazione su norme e significati convenzionali, capaci di continue mutazioni per improvvise mode, per situazioni e fatti ‘eclatanti ed epocali’ che influiscono sulla semantica spesso con effetti comici e imprevedibilmente impropri.


Ma si sa che … vox populi … vox Dei …


E proprio il termine ‘voce’ è usato per indicare e determinare un campo semantico.

Che comunque è assai vasto, mentre il parlante, anche esperto, ne percorre un ristretto margine.

Così si dice ‘tasse’ quando si deve dire ‘imposte’.

E si insiste col voler far pagare le tasse, rischiando di entrare in conflitto di interesse con i legittimi interlocutori economici, che sono i tassi.

Ma non quello d’interesse.

Insomma, a parte le battute apotropaiche, se ne dicono di belle, quando si parla.

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Certo, i responsabili maggiori della babele linguistica sono proprio gli addetti ai lavori, gli scrittori ‘di qualità’, quelli alla moda o ‘alla mota’, gli informatizzati ed i computerantropi, pieni ormai solo di abitudini conformi alle macchine elettroniche, i politici, che spesso sono solo un po’ litici.

Riescono spesso a creare più confusione questi pochi astronauti della kiakkjera che tutto l’equipaggio, spesso occupato in attività di lavoro assai importanti.

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Una sera di febbraio era nella biblioteca della grande scuola.

Scriveva appunti su un vecchio computer.

I due computers della teka erano divevtai suoi amici, veri parenti.
No erano nuovi, avevano un aspetto vecchiotto ed un monitor grosso.
Uno dei due aveva lo schermo più grande.

Lo preferiva.

Non era certo un Omero dei libri, ma la sua vista aveva bisogno d’essere aiutata.

Faceva freddo, in biblioteca.

Lo aveva fatto notare in diverse lettere, tutte protocollate e conservate in segreteria, ma nessuna risposta esplicita gli era ancora arrivata.

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Nelle lettere proponeva un modello di biblioteca come lui lo vedeva, basato sulla sua esperienza, sulle letture, sulle ricerche da lui fatte a proposito.

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Sosteneva anche la necessità di provvedere alla stesura d’un regolamento che facilitasse e chiarisse le operazioni di biblioteca.

Talvolta specialmente i docenti si presentavano nella grande stanza dei libri per depositarvi oggetti come in un guardaroba di teatro, o per segnare i loro buffi segnetti sui registri blu o amaranto.

Insomma, proprio gli insegnanti davano un esempio tiepido, non leggevano i libri, li lasciavano dormire negli scaffali, non integravano con nuove entrate il patrimonio dei volumi ...

Ma per fortuna c’erano gli Alunni, che spesso prendevano in prestito i libri e li riportavano regolarmente, senza aspettare anni, senza perderli, come qualche insegnante.

***

Per la biblioteca la scuola non spendeva neppure un centesimo, lesinava carta, inchiostro, qualsiasi assistenza informatica, tanto che il bibliotecario praticamente doveva finanziare le spese indispensabili, addirittura progettando di comprare i registri di prestito, visto che a scuola non era possibile registrare i prestiti con i vecchi progranni inseriti nei computers e nemmeno era possivile avere dei registri acquistati dalla presidenza e dalla segreteria.

Ma se fosse andato via all’improvviso, avrebbe dovuto lasciare il bel registro, comprato da una ditta di Parma e arrivato con un corriere, alla scuola, quando questa prorpio non lo meritava?

Era una semplice bagattella.

E il masterizzatore?

E i libri di cui non era provvista la scuola e che lui aveva comprato girando il pomeriggio fra le librerie della città?

Avrebbe a poco a poco riportato totte le sue cose a casa, anche perché non le sentiva al sicuro, visto che mezza scuola ameva le chiavi della stanza e trovava sempre le cose spostate, specie i computers, che del resto registrano ogni operazione, a sapere ben guardare, e aveva trovato più di una volta qualcuno a giocare a carte, con i poveri vecchi computers.

Questo non poteva certo approvarlo, in nessun modo.

Non avrebbe più controllato nulla, se avesse aperto la porta ai giocaioli, ai cercatori di siti d’ogni genere.

Le ricerche voleva fossero tutte lecite, per una questione di principio prima ancora che per correttezza verso l’apprendimento che non è vassallo dell’eccessivo atteggiamento ludico emozionale, pur richiedendone una parte.

***

Di sera, prima che lui se ne andasse a casa, verso le dieci e mezza, quando i rumori erano quasi spenti nella grande casa degli alunni, mentre i colombi e le tortore, i passeri e le capinere già da ore dormivano con il capo sotto l’ala, mentre i pini tacevano e l’aria era immobile sotto una luna ridotta a una piccola falce, la grande Stanza dei Sogni si popolava, dai libri uscivano piano gli autori, e intrecciavano conversazioni, a volte accese, ma non certo violente.

Le loro conversazioni erano misteriose, per il loro amico bibliotecario, perché la stragrande maggioranza dei libri da cui sortivano erano di economia.

E per di più erano di qualche anno prima, non seguivano le ultime, farneticanti dottrine economiche.

Gli informatici erano un gruppetto e se ne stavano appartati.
Senza poter usare il computer si sentivano finiti.

Gli era stato concesso di usare le macchine più vetuste, i vecchi patanfloni, che erano a loro disposizione tutta la notte.

Quei computers erano i più efficienti, visto che li usavano i migliori esperti di informatica.

***

**

*

Non erano molto potenti, ma erano in rapporti di posta elettronica con i centri culturali, politici ed anche religiosi più evoluti del paese.

Una sera, quando mastro libraio stava quasi per andarsene, dopo più di dodici ore di biblioteca, accanto all’interruttore della luce e la centralina del sistema antiallarme, in una nicchia fra lo scaffale dei vocabolari e l’entrata aggettante della grossa porta antincendio, vide un signore vestito come un maremmano d’altri tempi, con stivali e stoffe di fustagno, corpetto nero e camicia di velluto.

Aveva un grosso cappellone da buttero …

§§§

§§

§

‘Buonasera … sono Pierini … Benedetto Pierini …’.

***
**
*

Beniamino guardò con simulato stupore l’uomo ben piantato, solido, quasi solenne.

Era uscito da un libro che narrava la sua biografia, la storia d’un maremmano molto ricco ma anche generoso, morto ancora giovane per un malore improvviso, una polmonite.

‘Vorrei, per favore, sapere se in questa città sono stati costruiti quegli apparati che mi riproponevo.

Mi interessai della costruzione di abitazioni per i miei coltivatori e persino ... d’un cimitero per i nostri Morti ... e d’un lazzaretto ... un ricovero ospitale per i malati.

Vorrei sapere da te, giovanotto, se queste cose ci sono, se le hanno costruite …’

***
**
*

§

Beniamino lo guardò.

Benedetto era il benefattore che aveva favorito la nascita della Misericordia.

§§

‘C’è il cimitero della Misericordia.

Ma Lei non è lì, Benedetto, perché dopo una pestilenza fu gettato in una fossa comune’.

§§§

‘Si … figliuolo … è così … volevo sentirlo dire da uno che si è commosso leggendo la mia storia’.

***
**
*

‘Quanto al lazzaretto … ora c’è un grosso ospedale della Misericordia …

Signor Pierini, anch’io sono stato curato lì per qualche malanno … dobbiamo tutti ringraziarLa …’.

***
**
*

Benedetto annuì soprappensiero.

‘Vivevo qui a Roseto, tanti anni fa.

La mia casa, confortevole, era al centro della città.

Vivevo solo.

Mia sorella aveva sposato un senese.

Mi dedicavo alla cura delle mie terre, un possedimento vasto, vario.

...

... D’inverno percorrevo a cavallo la Maremma, dalla mattina presto, con la nebbia azzurra e il freddo che ti fermava le mani, col vento che soffiava dal nord, lungo i canali diritti e immobili, con i gabbiani che venivano dal mare, i piccioni e i falchetti ...

Mi fermavo ai casali e mi informavo dai fattori sull’andamento della terra.

D’inverno non tutto si fermava.

Gli animali forti e solidi degli allevamenti vivevano al coperto e la produzione dei latticini era intensa.

Poi, ad aprile la campagna si ridestava, gli alberi mettevano le foglie, l’aria si faceva più dolce, infine a maggio il caldo cominciava ad avere il sopravvento.

Durante l’estate i campi assumevano l’aspetto caratteristico della maremma, con il grano maturo, giallo, l’orizzonte blu, nitido, i nuvoloni lontani, i cavalli che pestavano e quasi macinavano il grano per separarlo dalla pula.

Nei lunghi pomeriggi invernali, mi dedicavo ad organizzare istituzioni benefiche a favore della cittadinanza.


Insomma, vivevo solo, ma non vivevo per me.

Poi un giorno mi ammalai, ancora forte e giovane, e nonostante le cure morii.

Ora di tanto in tanto ritorno nella mia città, che è diversa dai tempi in cui io l’ho abitata.

Cammino piano nel corso, arrivo a piazza del Sale, giro sulle mura, entro nel Duomo.

Mi piace passeggiare per la parte vecchia di Roseto, perché mi ricorda il mio tempo, quando c’era ancora l’estatatura e per le strade giravano i carri con i cavalli.

Ma adesso debbo andare … mia sorella e suo marito mi aspettano … arrivederci, professore … e non si abbatta se le biblioteche scolastiche sono dimenticate … coltivi la sua dimensione personale, e si ricordi che gli uomini, anche qui, dimenticano per far spazio nel loro cuore e alla fine spariscono anche loro, del tutto, senza lasciare grosse tracce.

Si ricordi di me, che ho fatto costruire un ospedale e un cimitero, ma non ho trovato posto per le cure e per la sepoltura …

E mi scusi per questo accenno così triste …’.

Il buon don Benedetto svanì accanto alla centralina antincendio.

Nella biblioteca gruppi di autori parlavano fra loro.

Mancavano D’Annunzio, Montale.

Non c’erano libri di questi autori.

I moderni, poi, mancavano del tutto.

Con leggerezza sedevano sulle umili sedie.

Pianissimo appoggiavano le braccia ai tavoli.

In un angolo, Foscolo e Leopardi parlavano fitto di bipolarismo letterario preromantico.

Sapevano di essere stati definiti preromantici, e ne sorridevano,

Una ingenuità dei critici.

Leopardi era quasi sorridente di fronte alla gaiezza irruente del cantore ellenico.

Ma il più interessante era senz’altro lui.

Durante de li Alegherii.


...

‘Sommo … cosa stai pensando così intensamente …?’

‘Messere … cogito dell’omini e de li peccata sua …’

‘Sai, ho lavorato per molti anni in una scuola che portava il tuo Nome …’

‘E ora, non lo porta più ? …’

‘Ora si appella con diverso nome …’

‘E come? …’‘Altrui scale’.

‘Capisco, per via della gente che se ne va via da esso …’

‘Cosa posso darLe, Maestro? …’

'Mi dia un libretto di poesie, pubblicato in una terra dolce e gradevole, a me cara … le Foglie del Nespolo, che mi pare Tu stesso abbia scritto …’
‘Subito …’

Così passa buona parte della sera.

Il professore sbriciola alcuni pacchetti di biscotti per i pettirossi, le capinere, le tortore.

Lo faceva anche la mattina sul muro che separa la sua
scuola dalla scuola elementare di fronte.

Le tortore e i piccioni lo aspettanovano, la mattina, camminando sul muretto.

‘Sono la mia classe …’

‘In fondo ho sempre degli Alunni, e i miei Alunni … volano …’

Pensava lui...

§

Rosetum, martedì 6 giugno 2007


Genn ... Gennaro di Jacovo

§

... citr mìa Pretavnniend ...

krish sand e guard'anniend...

shabbnditt Kambwash...

Cashtllucc loc'abbash

k'rr kor ... ess i mò pass

e mo song... komm' e' zzass


§ §§
§§
§


§§
§



§
§§
§§§
Genn&Genn
... Nonno e nipote ...
§
§§


§§§
§§
§

Poesie

Biblios

Akrablux
la Barca della Luce


Anna Maria

‘come ti chiami? Io mi chiamo Anna Maria’
‘Io non mi chiamo mai.
Tu chiamami Znnarì…’
‘sei tutto scemo e ti blokki spesso…’ come mai?,
‘ah … debbo dirti come si stampano le schede…
E come si trasferiscono gli archivi…’
‘ma … assaggia questa mensa
e bevi questo nettare americano
poi senti non voglio forzarti
ma vieni a Cassino…’



E ti penso amica mia lontana
mentre il vento ripassa la grammatica
e anticipa le fresche memorie della sera

Argo si aggira in cerca d’una preda
cacio o pane o forse anche di meglio
e penso a te
come un treno alla rotaia come
la Terra all’orbita o come
l’albero al fulmine

Ti ricorderai di me
anche nel tempo della primavera
anche quando le rondini ritornano?

Ti aspetterò
e solo allora
ti tirerò un capello
e ti dirò
riportami
la schiaccia al pomodoro.




Bernadette

te ne sei volata
con le tue penne colore cioccolata
hai pigolato come un rondone
come tornata dal Paradiso
eri forse Asterio
eri tu
che mi beccavi la mano
sono stato tua madre
o solo un ostacolo
al tuo esilio


voglio essere una tortorella
e mangiare miglio e grano
cadere dal nido
farmi raccogliere da un cane lupo
e vivere quattro giorni da tigre
dentro una gabbia nuova
con acqua fresca e cereali
voglio sentire i camion
urlare e soffiare come draghi
accanto alle mie penne d’alluminio rotonde
come ruote di treno leggero
e voglio ascoltare il sospiro delle valvole
che bevono la voce del vento

il cielo resti a dio
per me
terrò un nido
d’acqua e di creta grigia
per te un giglio
un piccione e le sue penne

§

klinamen
... nostalgia
d’una vita annunciata
fra ovatta e lacrime di aghi di pino
mentre come un tortora volo sotto la pioggia
che ci racconta della vita e della morte


§§
§

se guardo

se guardo da questa stanza
con le finestre
che lasciano vedere il cielo
e le nuvole bianche
quelle cime lontane di alberi
agitarmi i ricordi
aspetto che tu mi parli


il pensiero della tua casa mi segue ovunque
( chi potrà mai nascondermi
i tuoi occhi che non mi guardano più
e sanno d'aria fredda
e d'acqua piovana? )


berremo i quaderni
catene di carta colorata
e getteremo la vecchia pelle
parole come pioggia e verbi come neve

cammineremo sopra la terra fresca
e nella memoria
non potremo più ascoltare
la voce muta
d'una platea di maschere

**
*


... Addio Luigia

Abbaiavi così poco ed avevi il colore
della notte e delle nuvole chiare

Adesso tu sicuramente
correrai
in quel grande Prato sereno
che gli ingenui chiamano Paradiso


...

lì vanno tutti quelli
che dedicarono la vita agli Amici

E sorrido pensando
che non si può vivere senza
amici
ed anche per una canina cosa sarebbe il mondo
senza Mici?
Gioco con le parole
mentre il Sole caldo illumina
la tua cuccia
e soffia un vento così forte
che pesante d’amore doveva essere la tua Anima
se da questa forza spinta ora sale
Una pioggia violenta
è caduta tutta la notte
e tuoni e lampi e scrosci
per te hanno pianto sopra la terra scura
il cielo e le nuvole tristi

Addio
silenziosa Luigia
amica
Argo e Melody
ti penseranno sempre
e un giorno saranno ancora con te
con la loro voce d’argento




Argos

lo so che quando mi guardi
ti ricordi delle lontane cacce
giovani di Itaca
delle grotte improvvise
delle carezze ruvide
che poche ti diedi
fra i cespugli che divorasti
in quelle quattro piccole mura
confinanti con gli ulivi
e il mare sotto ronfante
muta presenza inquieta

Argos
adesso sei tu a partire
per una guerra lontana
e io ti aspetterò
costruendo
ciottoli bianchi e cemento

I tuoi grandi occhi
e le tue labbra
tremeranno
vedendo la mia incerta presenza

E io verrò verso di te
sopra le rocce grige
di questo inaridito promontorio
attraverso finestre alte semichiuse
e bottiglie rotte

Ti offrirò mani tagliate
e una testa rotta
e ti dirò "perdonami"
con gli occhi pieni di sale

Tu leccherai le mie colpe infinite
e mi porterai con te
nel tuo Paradiso




Sidus Asterion


Ci siamo conosciuti per caso
in una strada secondaria

Si prendevano gioco di te
Asterio
e questo non è serio

Ti ho portato a casa
e adesso dormi nelle mie calze
di lana.
In quattro giorni
ne hai cambiate tre paia


Lo so
che non potrò mai sostituire
tua madre rondine
ma cerco in mille modi
di farti mangiare
e tu
mi ricordi il passer della Lesbia
di Catullo di Sirmione
quando avventi le mie dita
con la tua bocca
che sembra volermi divorare
la falange


e allora io quasi
ingannandoti
ti costringo a ingoiare pezzetti di carne
(oggi ti ho dato anche del pollo
il che per una rondine
può essere risibile offesa)

Tutto quello che resta
di vita e di poesia
d'ogni
theia manìa
è nel tuo pneuma
Asterio

Resisti
poi ti prenderò per le ali
e ti lancerò nel cielo
un giorno volerai sopra l'Africa
e ti ricorderai
di aver dormito nelle mie calze di lana grige
e di aver visto vicino a te
un grande lupo nero
Argos

Mentre scrivo
fischi di continuo
forse sogni
la rissa
che ti ha fatto cadere dal nido
o il gatto
a cui ti ho strappato
o forse tua madre
che ti accudiva col becco sapiente
o tuo padre
quasi sempre assente.

Dormi
piccolo perfetto essere
solo
dentro la mia lana.
La vita ti chiama. Cosa sarà di noi?

Qualunque via
che sia
sarà la via migliore. Le ore
voleranno veloci.

Voleranno comunque
sopra qualche arancione
cielo africano.


E a te
non ruberò mai
nemmeno una penna



Bernadette

Due tortorelle qualche giorno fa
mentre con Anna e Argo
camminavo per Grosseto
danzavano curiosamente accanto a un pino
come innamorate.

Poi abbiamo capito che volevano
recuperare un figlio caduto dal nido.
Quando ti abbiamo visto
Bernardo
arrancavi sulla strada
e ti ho preso dolcemente nella mano
mentre Anna ed Argo ci seguivano.


Adesso hai una casa di fili di metallo
e chicchi di frumento ed acqua.
Persino un pulcino di legno per farti sembrare
di stare in una specie di famiglia.
Quando fra qualche giorno avrai
anche il cielo alto
e volerai sicuro nel tuo esilio
ricordati un consiglio:

delle strade del mondo
non badare alla fine.
Più che infinite distanze
Cerca il miglio.




biblios

*
abito ad Alessandria sul grande Nilo
e scrivo poesie che forse sono belle
ma sogno di camminare nella grande
biblioteca
sulla foce del Nilo

quanto sole fra i papiri dorati
dalle grandi finestre si vede il giardino
di Eraclito
e il tempietto della dea Osiride

sogno di passeggiare fra i corridoi sterminati
fiancheggiati da tutte le opere dell'ingegno umano
e che qualcuno mi dica

*

forse una fanciulla dai capelli come il grano
nata fra le colline di Tessaglia
nella boscosa Ftia
ove Peleo generò Achille
o una obliquo sorriso
di Mileto
dalla chioma scura
come le notti del Ponto

*

" vorrei leggere ancora
di quel poeta di Cirene
che scrive brevi epigrammi
ma pieni di tanto leggera eleganza"



E' così piena di sole
la biblioteca che io vedo in sogno
e che da qualche parte mi aspetta
colma di volumi
e di fasci di luce dorata





Buenos Aires



sopra le scogliere irte di pallide stelle marine
lungo le coste del mare della tenerezza
come se un gabbiano non potesse spaventare il mare
ti accorgevi e capivi la ricchezza del piccolo
sole
e caduta nelle buie spelonche della litania
d'una vita spesa a comprare ceramica
aspettavi alla finestra un cavaliere
con un grande cavallo come un canone nero


e venne di Natale con doni e amore
e venne con lacrime e sorrisi
e venne con una corazza d'argento
tu lo accogliesti
e gli dicesti ... 'portami
dove il mare bacia e invita a baciarsi
dove la felicita' e' un dovere
dove la costa innamorata accaretza l'onda
e pettina l'acqua del mare'

e lui ti prese e fu preso
e vi perdeste dove tutti si trovano
quelli che l'anima danno alla marea
e su verso la luce senza voltarsi
ti porto'
per un anello bianco d'amore purpureo



Casa

Perché la mente è una finestra
e il sole e la pioggia ti accompagnano
ma il giorno e la notte non restano con te
vorrei andarmene nella Terra del Vento
dove la Chiesa è una Casa
di legno
ancorata alla Terra da cavi d'acciaio.



Dio
invitami a una cena
senza pane e senza vino.



*



domani


Camminavi a piccoli passi
nel tuo giardino piccolissimo
di fronte al mare
e sembrava che tu
attraversassi l'Africa
tanto era cauto
il tuo passo
e la tua mano
stringeva le chiavi di casa.


Un giorno di tanti anni fa
le perdesti nel tuo giardino
e furono momenti di ansia
addirittura chiamammo il medico
che venne a parlarci
dell'utilità dei duplicatori di chiavi.




Ubi ista nocte dormiebis

Dove dormirai questa notte?
Poserai piano il tuo sorriso bianco
e la tua saggezza di sempre
ti farà da luce.


Chiusa dentro il tuo amore
chiusa col tuo rosario
guarderai da lontano
questo Calvario?

O forse sarà rosa
ancora questa vita
priva della tua mano?


Sono seduto di fronte alla finestra che preferivi
ricordo che ti mettevi qui e guardavi
gli ulivi e la campagna verde
con un triangolo azzurro di mare.


Oggi il sole ha lasciato il posto
alla pioggia
e dov'eri tu a guardare il mondo
ho sistemato un tavolo
con penne e libri.


Esisteranno ancora le cose che vedo
anche dopo di te
o le hai portate via?



Phila Strokka



Amore

una volta facevo
rima con cuore
adesso
più di prima
arrivo al cuore
e tralascio la rima


Basta

basta con le discriminazioni
basta con i lampioni
le more
le felci i mirtilli
e i campioni

insomma basta
alla canasta


Cavallo

cresci erba
che il cavallo campa



Domani

arriverà e si farà dimenticare
sui monti nelle valli
sopra i poggi

con lui saremo
lo chiameremo 'oggi'


Essere

essere re
o non essere re
questo
è il problema
Re


Fu\oco

adesso
dovrebbe essere
l'anima di un papero



Gambero

se cammini in avanti
procedi adagio
ma se vai alla rovescia
ti prende
la prescia



Hobby

passa il tempo
e passa no
senza un hobby
male sto



I

senza la 'i'
non si farebbe niente
che addirittura
sarebbe solo ‘nente’



Lumi

sia la luce
e la luce fu
senza i suoi raggi
non ci vedi più



Mamma

non vergognarti
piangi
figlio mio

accanto a te
ci sono ancora io




Ninnananna

Anna dormi bella Anna
fa la ninna fa la nanna
con la gatta
un poco matta
dorme il figlio sotto il tiglio
dorme il cane e sogna l'osso
sospirando a più non posso
mentre l'uomo sogna il pane
dormon tutti nel paese
e non pagano le spese
dorme Marco come Franco
dorme pure il saltimbanco
dormi adesso pure tu
mentre cantano
i kukù




Papà

sono stato male
papà
come quando bambino
di notte dicevo
'vieni a prendermi'

e non ho saputo chiamarti
nella paura che tu
non potessi venire



Quando

Padre
che sei nel cielo
quando ti rivedrò
penserò che sei forse un altro
fantasma fugace
o un'immagine ingannevole
ma tu mi prenderai
e sarò come un giocattolo nelle tue braccia

ritorneremo a casa
a scrivere
quello che ora sappiamo
sopra la vita




Ritornare


non ritornare diventa un ritorno
senza partenza



Seppie

seppie di ossi di seppia
ora non so se seppi
di seppia o
d'ossi



Tango

tango tangis
tocco questo lento rintocco
di campana
lontana
che sa d'una terra
che più d'una serra
questo cuore che batte racchiude



Universo

l'universo non è
come se lo immagina
zi' Kiki o il dottor
Kiss Akj
l'universo non esiste
come l'Inferno e il Paradiso
che lungi dall'esserci
ci saranno



Ve lo

'velo'
avevo detto
adesso
ve lo svelo
e dopo
vi rivelo
vele e controvele



Zetapoesia

poesia ultima
di poche decine
scritte in due mattine
tra l'inventario dei libri
e delle riviste
e un salto in ferramenta
dove trovi sempre qualcosa
che gira
zeta poesia
poesia mia
buffo
gelato di fonemi
non sei diversa da certi miei
passati alunni di liceo
pensi che i tuoi difetti siano i miei
e quindi da imputare
a chi come un nave
ti mette dentro il mare
a galleggiare


***
**
*



Gatti

grigi e neri bianchi e pezzati
saltano nel cortile fra grandi cedri libanesi
accanto ai muri crollati
del distretto scolastico
mentre sistemo la biblioteca
come ricordi dentro la mente
e sogni dentro gli occhi.

Dove andrete mai se dovessero ricostruire
questo diroccato caseggiato?

Tornerò ancora a visitarvi con Argo
amicizia mia vivente
con doni e carezze.
E parleremo degli antichi palazzi dei Faraoni
vostri sudditi
di Mosè e delle guerre antiche e moderne nei deserti
mentre il vostro soffice sguardo si poserà
sopra un tramonto di buganvillee.




Ernesto Che Guevara


Straniero vestito da soldato
straniero con il basco nero
i tuoi compagni ti hanno lasciato
lungo la riva di questo torrente

... come scorre fangosa la mente
con i suoi scherzi proibiti
e i suoi segreti strani
così le mani
gratteranno i ciottoli tondi
alla ricerca vana di altri mondi

Rassomigli a Cristo mentre ti raccolgono sul greto
hai fori di proiettili e gli occhi aperti
e sembra quasi che tu
stia sorridendo a qualcuno che ami

Fiore di Bolivia
speranza avana
grande compagno dei rami alti
di questa jungla

ti metteremo
sopra le nostre giubbe
alle porte delle nostre scuole
in cima alla più alta stella
dove gareggiano i giovani


e ci sorriderai Uomo col basco nero




Lene


saltai oltre il sambuco
veloce
fra ciuffi di alti steli
e di erba tagliente
ero contenta quel giorno
e non sapevo

una forza possente mi prese il fianco

Michele udì il tuono
lo vidi chinarsi accanto a me
accarezzando le membra soffici
che non possedevo più

corsi via

per il mio premio
oltre ogni sambuco
lontano
nel mondo dei peli di gatto



Ubi ... ?

Dove dormirai questa notte?
Poserai piano il tuo sorriso bianco
e la tua saggezza di sempre
ti farà da luce.

Chiusa dentro il tuo amore
chiusa col tuo rosario
guarderai da lontano
quanto calvario?

O forse sarà ancora
viva questa vita
priva della tua mano?

Dove dormirai questa notte
madre?
Nella tua stanza ho fatto il letto.
Qui
nulla è perfetto





sedia


C'è una sedia
accanto al tavolino
come se tu dovessi arrivare
e sederti dicendo:

"sono venuta a farti
una visitina".



Il lampadario splende ancora
un dicembre lontano
lo sistemò un elettricista
maldestro.

Tu
come se ancora leggessi
pulisci gli occhiali
mi vedi
"è ora di cena?"
mi chiedi.




Vento


il vento ha soffiato per tutta la notte
e una pioggia forte è caduta come
una volta quando c'eri Tu

e ti penso sempre anche quando
lavoro e riascolto le tue parole
e come se Tu fossi sempre qui

con me Ti saluto se esco di casa
e se ritorno ti chiedo "come va?"
o ti dico "ciao, Ma' " ...


e questo vento e la pioggia mi
corrono intorno come la tua
voce bella dentro la bufera

e il lupo aspetta ancora che sia sera
per uscire ad annusare le vie.

E' cresciuto ed è forte. E sono certo

che Ti pensa.

*
**

§
§§
§§§

§§ §
§
B i b l i o t h e k a
§§
§


Repetita Juvant GR

§§§
Omnibus dicatum opus et onus
§§
§

Relazione
Bibliotheka


§
Kwandargoa
Darass&dalndan

§
prof Gennaro di Jacovo
Bibliotheka Argos&Ruphus
Filosofia Estetica Contestuale


§
DLdJ
§§
§


I prestiti, gli interventi di ricerca informatica e le consultazioni sono state quest’anno nel numero di 661 \ seicentosessantuno prestiti cartacei e consultazioni informatiche registrate a cura degli Utenti.

La Biblioteca viene anche frequentata da Alunni non direttamente impegnati, per motivi a conoscenza della Scuola, in attività didattiche ordinarie.

Questi, a conoscenza del Regolamento di Biblioteca del 13 ottobre 2006, restano in biblioteca dedicandosi per lo più ad attività di lettura e studio individuale, utilizzando assai di rado i testi inventariati e servendosi dei propri libri.

Persuaso che la frequentazione degli Alunni sia sempre utile a chi lavora nella scuola, lo scrivente auspica che tale attività di ‘attività bibliotecaria collaterale’ sia adeguatamente disciplinata e riconosciuta dal Collegio dei Docenti per sollevare il bibliotecario da responsabilità e impegni di sorveglianza e custodia indiretta e riconoscere tale suo impegno, come una specie di restituzione parziale al bibliotecario d’una valenza didattica che dovrebbe di diritto appartenergli .

Nella Biblioteca vengono raccolte le copie della Gazzetta Ufficiale degli ultimi tre anni, dietro richiesta della segreteria e della presidenza.

Viene anche conservata temporaneamente (un anno scolastico) copia del Sole 24 ore .

( ... ... ) ... ogni anno lo scrivente si è premurato di sollecitare, sia pure senza nessuna pretesa di sorta alcuna, nelle relazioni annuali, a questo proposito, l’intervento del Collegio dei Docenti, del Consiglio di Istituto, del Dirigente, degli Insegnanti e di altre autorità, specie scolastiche.

§§
§

La Commissione Biblioteca costituita nel settembre 2006 e riunitasi il 16 settembre di quell’anno, dovrebbe aver raccolto le proposte di acquisto di libri formulate dal Personale della Scuola.

§
§§
Lo scrivente, che ha presentato già da tempo una doppia lista di volumi utili alla biblioteca, propose già nel 2003, il 16 ottobre C1/ 2446, con regolare richiesta alla Scuola e regolare progetto per Figura Obiettivo, dopo averne parlato in Provveditorato, di occuparsi della biblioteca come Docente referente, ma non gli fu data questa opportunità, che riteneva utile e che avrebbe svolto anche senza aggravio di spesa per l’Istituto, come scrisse nella stessa richiesta\progetto.

§§
§
Sono stati introdotti e catalogati volumi di economia divulgativa, di informatica di Storia, ad uso della Scuola, e di storia locale, a cura della Amministrazione Provinciale.

§§
§
E’ sempre stato necessario ed opportuno informare Docenti, Alunni e Personale tutto sulle semplici e direi universali regole di consultazione e prestito, dedotte dall’uso d’ogni biblioteca, dallo scrivente redatte nelle relazioni degli anni precedenti quali proposta ai docenti ed al personale direttive e fissate nei punti essenziali dalla Scuola nella circolare n. 20 del 13 ottobre 2006.

§
§§
§§§
Quanto alla sistemazione globale del locale della biblioteca, si rimanda alle precedenti relazioni sul tema inviate alla Scuola nei precedenti anni.

§§

Grosseto, 13 dicembre 2007

G dJ

servizi biblioteca
§

§

§

§


§

***
Gennaro di Jacovo

§
§§



§§
§


§§§
§§
§

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